ACHILLE PERILLI: IO E LA SVIZZERA 

La prima volta fu nel 1948. Da Parigi inseguivo una mia amica a Zurigo, esattamente a Kussnacht, che però ai miei amplessi preferiva l’equitazione. In compenso conobbi Max Bill, su suggerimento di Vantongerloo, che frequentavo nel suo studio parigino. Fu l’inizio di una conoscenza prolungatasi negli anni. La collezione dei Kandinsky e dei Klee e le opere di Vantongerloo furono per me una rivelazione del gusto e della cultura di quell’artista con cui continuai ad avere rapporti diretti, seguendo lo sviluppo del suo lavoro e aggiornandomi tramite i suoi testi sulla teoria del design e della didattica e per quanto mi era raccontato o scritto dai suoi allievi che lo avevano seguito nella sua avventura ad Ulm nell’Hochschule für Gestaltüng da Martin Krampen a Gui Bonsiepe. Nel 1951 Bill che avevo rivisto e ammirato alla triennale per la sua sala straordinaria dei bianchi cilindri, organizzò a noi di forma 1, Dorazio, Guerrini e Perilli, una mostra a Zurigo alla Galleria 16. Ho continuato negli anni la mia frequentazione con lui, fino ad arrivare ad un ultimo colloquio per l’inaugurazione della mia mostra antologica al Wilheim Hack Museum di Ludwigshafen, nel 1991. Fu un pomeriggio denso di ricordi e di aneddoti e di analisi teoriche e considerazioni sullo stato dell’arte seduti al Caffè del museo, avendo sotto gli occhi la grande scultura di Bill che in quel giorno si andava inaugurando sulla piazza. E fu ancora Svizzera nel 1973 per la mia antologica alla Galleria Malborough di Zurigo, dove mi avveniva di incontrare quasi quotidianamente Marc Chagall negli ascensori dell’albergo che ospitava me e la galleria. Ci guardavamo con curiosità io avevo allora una grande chioma di capelli bianchi simile a quella del pittore russo. Di quel periodo sicuramente la scoperta più importante fu aver conosciuto l’altro grande vecchio dell’astrazione svizzera Lohse di cui ammiravo la pittura. Ebbi modo di conoscere la grande qualità umana e la straordinaria cultura. Noi due e Bill in fondo lavoravamo per la stessa galleria con le stesse difficoltà e i problemi del coabitare in una multinazionale dell’arte, macinati da una struttura troppo grande da poter capire i singoli valori e la qualità delle opere. Occasione per ritrovare Max Bill fu la presentazione della mostra in catalogo: una mia intervista con Margit Stayer, sua assistente, con un discorso teorico sul mio lavoro di allora, gli inizi della ricerca sull’”irrazionale geometrico” in contrapposizione al concretismo svizzero, sia a livello teorico che a livello formale. Movendomi io nell’area di una geometria trasformata in materiale fantastico con una dinamica attraverso lo spazio pittorico. Con felici sberleffi alla rigidità teorica del concretismo. Poi fu Basilea, nel 1978, con la Galleria Liatowitsch storica per la diffusione della scuola astratta. Oggi una mia personale alla Galleria Folini Arte Contemporanea a Chiasso espone un variegato campionario delle mie ricerche a partire dagli anni di Forma 1 per arrivare alle ultime esperienze che continuano il mio discorso sulla follia geometrica insieme con alcune opere del periodo della sala alla Biennale del 1962 da me denominato “ Fumetti”. Questo mio saltellinare in modi diversi può sembrare l’esperienza di una stravaganza formale: ma se si considerano i lavori esposti a partire dal 1949 e si analizzano con pazienza visiva emergerà una linea continua e regolare di un lavoro coerente rivolto, non già a definire facili equilibri formali, ma per scoprire quei materiali rivelatori di quanto pescando nell’inconscio non appartiene all’abitudine visiva bensì a ciò che fino ad ora l’occhio umano non ha ancora scoperto, portando alla luce realtà sempre più complesse e nascoste come è stato nella ricerca del mio primo maestro Paul Klee.

19 novembre 2001 Achille Perilli